VII

02 Agosto 2004
02 Agosto 2011

Sono già trascorsi sette anni dal giorno in cui non ci sei più. Quante cose sono cambiate papà, nel giro di così pochi anni la mia vita è totalmente cambiata, la nostra famiglia non è più la stessa. Sei una presenza costante, mi hai aiutata un'infinità di volte, forse ti sento più vicino adesso che mi guidi e assisti dal cielo rispetto a quando vivevamo assieme, nella stessa casa. In questi ultimi mesi ti ho pensato e sognato spesso; sono figlia tua, figlia di un Alpino con la A maiuscola ed in questi ultimi due anni sono riuscita ad onorare le due promesse che ti feci in quel torrido giorno di agosto in cui chiudesti gli occhi per sempre. Il tuo fu il primo, grande, immenso dolore della mia vita: pur non essendo mai andati troppo d'accordo, la tua scomparsa mi insegnò un sacco di cose su com'eri, sulle cose che pensavi e come le facevi. Praticamente sempre sbagliavi modi e tempi per dire le cose, ma quante volte ho scoperto che avevi terribilmente ragione! Ho capito troppo tardi che forse sarebbe bastato andare "oltre" la tua corazza per scovare l'amore smisurato che nutrivi per noi; non parole, non affetto, ma gesti concreti e grezzi come la roccia di cui eri fatto. Intromettersi nelle "tue" cose ti faceva tremendamente incazzare, eppure son certa che se potessi vedere il frutto del mio lavoro saresti orgoglioso di me.
 Come quando venivi di nascosto a vedermi giocare e durante le partite ti intravedevo al di fuori dei vetri della palestra. 
Papà, se tu non avessi difeso con tutto te stesso la nostra casa, io adesso non vivrei nel posto più bello del mondo, nell'unico in cui voglio e vorrò stare per sempre. Ti sei sempre dedicato ad essa con tutto il cuore, per te e per noi, e questo ti posso garantire che è una delle cose che mi hai insegnato di cui vado più fiera.
Ovunque tu sia, davvero, io te lo dico sempre: spero che tu sia felice.
Mi piace pensarti sempre sorridente che mi guardi mentre lavoro, dormo, piango, rido, vado in moto, che mi ricopri di insulti mentre poto il tuo bonsai e riesco a fartelo morire...
Sono già passati sette anni e, piano piano, il dolore per la tua assenza è diventato una forza grandissima, quella che mi ha aiutata a rialzarmi dopo ogni caduta.
Riposa in pace papà
Ti dedico la canzone che il coro ha cantato per te il giorno del tuo funerale,
una delle cerimonie più belle che abbia visto in vita mia. Non riesco ancora ad ascoltarla, ma ti prometto che un giorno farò anche questo, per te.
Ti voglio bene.


Dio del cielo,
Signore delle cime,
un nostro amico
hai chiesto alla montagna.
Ma ti preghiamo:
su nel Paradiso
lascialo andare
per le tue montagne.

Santa Maria,
Signora della neve,
copri col bianco,
soffice mantello,
il nostro amico,
il nostro fratello.
Su nel Paradiso
lascialo andare
per le tue montagne.

Commenti

Anonimo ha detto…
lo sai penso anchio le stesse cose.avrei voluto tanti abbracci da lui .ma era cosi....un esempio x tutti noi.come gli vorrei parlare ..come vorrei sentire i suoi racconti esentirlo cantare.ma ormai e tardi.tiabbraccio forte forte
Chiara Catella ha detto…
Ero certa che fossi d'accordo. Non è la stessa cosa, ma io ti abbraccerò tutte le volte che vorrai, sempre! Ti voglio bene fratellino
Anonimo ha detto…
Ciao,
non ti conosco personalmente, nè ho mai conosciuto la tua famiglia (ti ho scritto una volta, ma leggo sempre il tuo blog).
Ma traspare dai tuoi scritti una veracità, schiettezza, una bellezza d'animo che posso solo immaginare i tuoi genitori che persone stupende siano state x aver concepito una ragazza come te! In bocca al lupo x tutto e un abbraccio virtuale! Elena
Chiara Catella ha detto…
ELENA! grazie! si mi ricordo benissimo del commento che ci siamo scambiate, qualche mese fa. Si, decisamente: i miei genitori, con tutti i loro difetti, erano davvero due persone stupende, ciascuno in maniera diversa. Grazie davvero, di cuore! A presto e buona estate (per quel che ne resta). Ciao!

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