Sogni


Una parte - molto - sostanziale del delirio che ho vissuto negli ultimi cinque anni dieci mesi della mia incasinatissima vita è stata occupata dai sogni. Spessissimissimo premonitori con una precisione e puntualità da far venire la pelle di cappone: il terremoto sempre riferito a casa mia su tutti, prima di dicembre e prima di maggio, ha rivelato le tragedie dolorose che negli anni e recentemente ho dovute affrontare. Il più delle volte la vedevo crollare completamente, altre c'era solo la sensazione che tutto sparisse, prima della morte della Simo avevo sognato più volte casa mia completamente allagata e l'acqua che trascinava via tutto con forza e potenza distruttrice.

Ma ultimamente qualcosa è cambiato. Innanzitutto non sono più sogni bui, tenebrosi, grigi; come se in un certo senso si fosse accesa la luce. I miei sogni somigliano a dei cortometraggi - o magari a me sembrano tali poi durano invece ore - ci sono i protagonisti, a volte dei dialoghi, scenografie ben chiare e definite che spesso sono posti a me conosciuti, luci, sentimenti ed emozioni che poi mi accompagnano nel giorno successivo, positive o negative qualunque esse siano.

Sistematico è anche il ruolo - sia nel sogno che nel significato - dei miei genitori e dei miei fratelli: Mio papà appare raramente, non mi parla mai ed è una presenza silenziosa, operaia, spesso lavora e nel sogno facciamo cose; Stessa cosa per Cicciuzzo con cui non sembra di vivere un sogno ma è tutto estremamente realistico, come se niente fosse successo: lo vedo lavorare, fare cose, chiacchieriamo del più e del meno; Con entrambi il luogo è sempre il ranch. Il Robi l'ho sognato poche volte, bellissimo, sorridente, con la criniera di capelli che ha sempre avuto, sereno. Le volte che l'ho rivisto pensarlo così mi ha dato serenità, rispetto all'immenso dolore ed alla sofferenza che gli ho visto affrontare e che lo avevano addirittura trasformato nei lineamenti. La Simo è come Cicciuzzo: a parte la notte di San Valentino, in cui ho distintamente sentito il calore del suo soffio sulle mie labbra - facendomi saltare sul letto, alle tre di notte, per un pelo non mi venne un infarto sul serio - nei sogni traffichiamo: d'altronde io non ho in mente un solo minuto della sua vita in cui sia rimasta ferma a cazzeggiare o senza fare la qualunque. Ma lo sfondo non è più, come nei mesi scorsi, casa mia. Sono sempre luoghi sconosciuti, lontani. Nel sogno avverto proprio l'andare, il partire, il movimento lontano dalla mia casa che nel mio subconscio probabilmente rappresenta il tutto, vista l'importanza che conserva e che viene manifestata da ciò che non posso controllare.

E poi c'è mia mamma. Rapporto simbiotico in vita e se possibile, ancora più profondo ed indissolubile adesso. Lei viene - ed è venuta - sistematicamente ad avvertirmi dei pericoli, casini, litigi, dispiaceri che poi puntualmente sono accaduti ed accadono negli immediati giorni successivi. Nelle settimane prima di maggio l'ho sognata ogni notte ed il senso di tragedia imminente - che avevo confidato a più di una persona - lo vivevo ogni giorno ed ogni notte soprattutto: poi alla fine mi è apparso tutto sin troppo chiarissimo, purtroppo. Spesso non la vedo ma la avverto, percepisco la sua presenza, so che c'è. Ma anche con lei i sogni erano bui, grigi, senza colore. Da qualche mese sono vividissimi, luminosi, quasi caldi. E non siamo più a casa: quasi mai per lo meno. E questa cosa non me la riesco a spiegare. C'è sempre di fondo un andare, uno spostamento, un viaggio, una sensazione di moto che mi ci porta lontano. Una sensazione mai provata prima, che non so davvero come interpretare. 

L'ultima volta in cui sognai il terremoto fu una delle ultime notti a San Francisco ma l'esito fu completamente diverso dal solito: casa mia, al contrario di tutte le altre volte, restò incredibilmente in piedi e non più rasa al suolo come tutte le altre volte. Un esito che mi ribaltò come un calzino.

Vero, che di cambiamenti in questi dieci mesi ce ne sono stati tantissimi e spesso con immane sofferenza, ma ero pronta - predisposta più che altro - ad affrontarli nel quotidiano 'da sveglia' ecco. Questi cambiamenti così profondi anche dell'onirico un pò non mi lasciano tranquilla, un pò mi incuriosiscono, un pò 'ma pensa te', un pò 'ma che cazzo' e infine l'immancabile e sempre risolutivo  'porca troia'. 

Alcune volte vorrei veramente svitarmi la testa dal collo come una lampadina e riposare un pò, entrare nel mood di autoprotezione come fa il telefono quando gli si surriscalda lo schermo.

Così giusto per assaggiare cosa si prova a non avere una testa che va a mille all'ora di giorno e soprattutto di notte.


Vorrei girare il cielo come le rondini
E ogni tanto fermarmi qua e là
Aver il nido sotto i tetti al fresco dei portici
E come loro quando è la sera chiudere gli occhi con semplicità.
Vorrei seguire ogni battito del mio cuore
Per capire cosa succede dentro
E cos'è che lo muove
Da dove viene ogni tanto questo strano dolore
Vorrei capire insomma che cos'è l'amore
Dov'è che si prende, dov'è che si dà

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