Era mio padre

SETTEMBRE 1943 – SETTEMBRE 2001: “RICORDI E RICORRENZE”

         Ricorre in questi giorni un anniversario che è per me, e credo anche per molti dei miei paesani, (alcuni dei quali non ci sono più), di un episodio ancora vivo, direi quasi indelebile nel mio ricordo.
         Fine luglio 1943: lavoravo a Varese alle dipendenze della ditta “Burrificio Prealpi”; ricordo che spedivamo via ferrovia ceste di burro confezionato fino a Firenze. La materia prima, oltre la poca nostrana, la si andava a prendere a Soresina, a Casalbuttano (Crema), mentre tempo prima arrivava dall’Olanda e dalla Nuova Zelanda.
         Un mattino di fine luglio mi recai in bicicletta come ogni giorno sul luogo di lavoro in Via Robbioni, davanti al municipio di Varese: all’inizio del turno lavorativo qualcuno irruppe nel piccolo opificio (circa quindici persone tra operai, donne un impiegato e due autisti) gridando:”Mussolini è caduto! Il fascismo è finito!”. Immediatamente mollammo tutto ed uscimmo in strada: alcuni di noi si avviarono verso il municipio e poi in piazza Monte Grappa (Porcari), dove si era già raccolto un gruppo di persone che attendeva un segnale con gli occhi alzati verso la torre civica di quella Piazza che con il palazzo adiacente era la sede del partito fascista.
Dopo una breve attesa, dalla cima della torre, cominciarono a venire gettati plichi di carte e documenti del partito. Alcune delle persone presenti nella piazza, io compreso, ammucchiarono le carte, poi un giovane accese un bel falò.
Il fuoco bruciò per una buona mezz’ora perché in un secondo momento volarono giù anche mobili e suppellettili. Non conosco il seguito di quella giornata perché dovetti rientrare al lavoro.
Passò l’agosto con le vicissitudini fra il Re e Badoglio e con il ritorno di Mussolini sino ad arrivare all’otto settembre. Con la dichiarazione di armistizio sbarcarono gli alleati in Sicilia e l’Italia venne occupata dai tedeschi. Nasce in quel tempo la Repubblica Sociale italiana di Mussolini (Repubblichina).
A fine gennaio 1943 la mia classe (1925) era già stata convocata alla visita attitudinale per la chiamata alle armi: in quei giorni di inizio settembre si ebbe notizia dell’entrata in Svizzera, a Clivio, di un battaglione di soldati italiani, (il “Savoia Cavalleria”), con armi e cavalli al completo. Nei giorni seguenti arrivarono i soldati Cantellesi, che erano riusciti a scappare dai più svariati fronti di guerra in Italia, a causa dello scioglimento del nostro esercito, e trovarono la strada di casa. Ma l’episodio più drammatico di quei giorni è l’arrivo delle truppe tedesche e la loro presa di possesso della caserma Garibaldi (distretto) di Varese.
Il giorno 15 settembre, come al solito, mi recai al lavoro. La sera tornando a casa, attraversai i portici di Varese e lì mi dovetti fermare a guardare il passaggio di camionette (oggi diremo autoblinde) con a bordo soldati tedeschi in tenuta di guerra, armati. Rimasi di sasso!
Quello fu il mio ultimo giorno di lavoro a Varese. Il 16 settembre, con mio cugino (classe 1923) decidemmo di espatriare. Il 17 di buon mattino scendemmo in Valmorea e costeggiammo la ferrovia che aveva funzionato fino a qualche anno prima. Arrivammo al confine e trovammo un finanziere “dei nostri” che ci indicò un punto in cui la rete era tagliata, verso Bizzarone. Trovammo la Svizzera ad accoglierci, anche se un paio di giorni dopo venni sottoposto ad un interrogatorio in quanto civile e non militare.
L’interrogante era un capitano dell’esercito svizzero. Alla domanda sul perché chiedessi asilo, risposi che ero in attesa della chiamata alle armi essendo idoneo, ma non volevo combattere né con i fascisti né con i tedeschi. Inoltre ero troppo giovane ed inesperto per pensare alla resistenza: la mia stessa storia è stata vissuta da altri miei coscritti di Cantello. Dopo qualche giorno fui mandato nella Svizzera centrale ed internato per 23 lunghi mesi. Se la guerra fosse stata vinta dalla Germania forse nessuno di noi sarebbe tornato in Italia.
Nei primi mesi nel campo di concentramento eravamo con gente di varie nazionalità (ebrei, alsaziani, russi) e gente di ogni ceto (ingegneri, avvocati, musicisti). Alcune di queste persone poi divennero deputati e senatori, come il Senatore Umberto Terracini, lo scrittore Pittigrilli,un morpurgo professore di musica i quali si autoproclamarono internati volontari politici, titolo che ben si addiceva anche a noi.
La qualifica di REDUCE INTERNATO VOLONATRIO POLITCO ci spetta di diritto. Dopo tutto quello che a distanza di tanti anni sgorga ancora dal mio cuore è ancora un grande GRAZIE alla Svizzera. Inoltre la gente del Canton Ticino ha ricordato gli eventi di quegli anni con una cappelletta dedicata alla Santa Vergine poco dopo il confine di Gaggiolo.
  
Settembre 2001 – Europa Unita                                                         Angelo Catella




FI<3RELLO NUMER<3 UN<3!
  

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