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Visualizzazione dei post da dicembre, 2018

2018

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TRE PAROLE CHIAVE: CONSAPEVOLEZZA C'era una volta una Chiara, fino a qualche mese fa, che ne aveva per tutti. Che voleva esserci per tutti. Che non voleva deludere nessuno. Che teneva tanto a dimostrare di avere un pensiero, un gesto, un'attenzione, un sorriso, un qualsiasi cosa per chiunque. Che doveva  dimostrare di meritarsi ciò che poteva e voleva fare, il suo ruolo, che doveva dimostrare di essere all'altezza ovunque, con chiunque, per chiunque. Che teneva moltissimo a dimostrare di meritare la considerazione, l'amore, le attenzioni, eccetera eccetera eccetera. Ecco. Il regalo che mi sono fatta in questo anno è che questa Chiara non esiste più. La banalità per cui se ciò che ti ritorna è alla fine quello che meriti per la persona che sei, è davvero diventata una consapevolezza fortissima ed importante. Non rimpiango ciò che ho fatto, perché il più delle volte è sempre partito dal cuore, però era un attimino ora che da tappetino scendiletto iniziassi almeno

Storia di un abbraccio e di una fine

E' da diverso tempo in cui ho drasticamente ridotto le mie apparizioni sui social; un pò perchè ne sono annoiata, un pò perchè il popolo che li nutre e soprattutto le dinamiche che vi si sono create mi spaventano e preoccupano, un pò perchè per il ruolo istituzionale che ricopro preferisco il low profile fuggendo come un male brutto qualsiasi polemica o rottura di scatole ulteriore a quelle che già popolano quotidianamente le mie giornate. Alcuni profili, alcuni personaggi, alcuni link sono obiettivamente carini ma c'è un generale appiattimento che mi mette un pò tristezza. Ci cazzeggio però spesso dato che, non so per quale diavoleria psicologica inventata dal dott. ing. lup mannar gran fara but Zuckerberg smane ttarvi mi rilassa la mente, mi distrae, alcune volte addirittura esagerando mi diverte. Così capita di inciampare in un link che riguardi una delle mie ex compagne di squadra cui tengo più in assoluto - una persona Bella con la B cubitale  - che inizio a

Storia di un grande amore

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Le partite di calcio viste allo stadio, erano sempre state solo a San Siro. Con il rigoroso rituale Lampugnano-a piedi per i prati-sosta pipì-panino con la salamella dal merda-birretta-partita-ritorno a piedi nel prato-sosta pipì-casa. L'unica eccezione era quando ci andavo con mio fratello C. il quale, essendo uno cui piacciono le cose fatte con calma, era solito partire da Cantello un'ora prima dell'inizio della partita per avere la scusa di battere il record dell'ora in autostrada e fare il curvone di Gallarate su due ruote a 180 km/h numero più, numero meno. Martedì scorso, occasione della vita, Juventus Valencia di Champions a Torino. Allo Stadium sono tutti educati, poco rumorosi, puliti, ordinati con la loro sciarpina bianconera. Anche dai merda la fila è precisa, senza ammassamenti degni di nota. San Siro, da quel punto di vista offre uno spaccato sociale ed umano più variegato, diciamo così. Ciò che accomuna entrambi gli stadi è la quantità di be