Corsi e ricorsi storici

Quando Søren Kierkegaard lasciò la fidanzata senza nessuna ragione


L'urlo del mare e i sibili del vento si fondono in un'armonia che somiglia al silenzio, tanto è profonda e scura, continua e irreale l'eco che si crea nella baia. I gabbiani strillano come se le loro voci potessero ferirla, quell'armonia, scalfirla in qualche modo. Nessuno li sente strillare, se non un ragazzo di ventotto anni dagli occhi chiari, persi nel vuoto. Ci fosse stato qualcuno a osservare quel ragazzo dall'aria bizzarra, avrebbe pensato che stesse guardando l'orizzonte per capire dove nasce il vento, e trovare così una qualche soluzione per la disperazione dei gabbiani.

Fa freddo a Gilleleje, borgo marinaro sulla punta nordoccidentale di Sjælland, in Danimarca. È il 12 di settembre del 1841 e qui l'autunno arriva inesorabile, una cascata di pugnali gelidi di acqua e aria contro i tetti delle case. Il ragazzo sembra preoccupatissimo. Ma non per il gelo umido che gli graffia la faccia. Piuttosto, è come se il peso di tutto il mondo gli gravasse addosso e lui rimanesse lì, sul suo scoglio, punto di raccolta dei mali del mondo. Quando si alza, la schiena leggermente curva, alto, pallido, si tiene il cappello a cilindro con la mano destra e si avvia, dinoccolato e svelto, verso il treno che deve riportarlo a Copenaghen. Sente una specie di dolore allo stomaco, come se non mangiasse da giorni, al solo pensiero di non rivederla. Ma non può fare altrimenti. Deve andare da lei, e dirglielo. Non c'è altra soluzione. Ha deciso: deve rompere il fidanzamento.

Dura da un anno e quattro giorni, ed è l'unica cosa che l'ha mai reso felice nella vita; e lei, Regine, è l'unica creatura che avrebbe potuto salvarlo e capirlo. L'unica che lui, Søren Kierkegaard, avrebbe mai potuto amare. Ma deve lasciarla. L'8 settembre dell'anno precedente si era presentato a casa del padre di lei; con una chiarezza e una schiettezza per lui inusuali, gli aveva detto semplicemente di amare, ricambiato, sua figlia. Regine Olsen. Il padre accorda il permesso a quel giovane dai modi singolari ma rispettosi. In fondo, non è la peggiore prospettiva per Regine, che sembra davvero innamorata di quel tipo; è la più giovane dei suoi sette figli e ormai, a quasi diciannove anni, è ora che si sistemi. Anche Søren è l'ultimo di sette figli. Ma quel calore domestico che percepisce a casa di Regine lui non l'ha mai conosciuto. Suo padre, Michael Pedersen, era un uomo anziano che aveva sposato in seconde nozze Ane Sørensdatter Lund, la sua dimessa domestica.

Cinque dei suoi fratelli muoiono quando Søren non ha ancora vent'anni; e lui cresce nella rigida educazione pietista del padre, il quale è convinto di essere stato maledetto: prima di diventare un mercante piuttosto benestante, aveva conosciuto la fame e, giovane pastore nella valle dello Jutland, aveva bestemmiato Dio durante una tempesta. Michael crede, da allora, di essere dannato agli occhi del Signore. Per questo i suoi figli muoiono. Ma non lui. Lui, Søren, sopravvive a se stesso.

Crescendo, diventa un tipo taciturno, meditabondo, ma anche ironico e arguto. Soprattutto, legge moltissimo e possiede un'intelligenza straordinaria, un vero e profondo talento nello studio delle Sacre Scritture e della Teologia. Ma qualcosa lo tormenta. Perché l'uomo è questa contraddizione sofferente? Come possiamo essere davvero Cristiani, se la vita stessa è assurda? Se ogni scelta implica un'infinità di mondi inaccaduti, non è, ogni scelta, una colpa irredimibile? Dunque, l'angoscia è il sentimento fondamentale dell'esistenza? La vita, se viene vissuta, la si distrugge. Lui ne è convinto al punto da non poter vivere. Al punto di credere che se lui l'amasse come vorrebbe - se con Regina si lasciasse andare, la sposasse, avessero dei figli e fossero felici - ebbene, se ciò accadesse, quella vita, proprio in quanto vissuta, sarebbe falsa, sbagliata, orrenda.

La ama troppo per accettare di vivere una singola vita con lei. Vorrebbe amarla nell'infinito. Ma l'infinito non appartiene alla creature, che riconoscono l'eternità solo nella infinita differenza qualitativa che li separa da Dio. Allora: "Aut-Aut". O distruggere, esperendola, la vita con lei; oppure lasciarla, abbandonarla per sempre, e soffrire indicibilmente. Tornato dalla sua passeggiata a Gilleleje, il ventottenne Søren Kierkegaard sceglie la seconda opzione. La lascia. Senza nessuna spiegazione. Lei tenta il suicidio. Lui è sull'orlo della follia. Poi, com'è normale, Regina si rifà una vita. Dopo sei anni sposa il suo precettore, Johan Frederik Schlegel. Kierkegaard ne è profondamente scosso. Lei, che come Arianna da Teseo non seppe mai perché venne abbandonata, lo guarda ogni giorno passeggiare per le vie di Copenaghen.

E lui la pensa, continuamente. A volte vorrebbe parlarle, tornare da lei. Poi si ricorda della sua maledizione. E si ferma. E scrive. Scrive libri geniali che cambiano per sempre la filosofia europea; ma non li firma col suo nome, quel nome di un uomo che non voleva esistere. Gli autori sono tanti, maschere di una personalità che si celava a se stessa: Victor Eremita, Johannes de Silentio, Costantine Costantius. Lui, Søren Kierkegaard, è nascosto dietro di essi. Ciò che non disse a lei - il perché lui l'abbandonava - diventa così il tema fondamentale della moderna filosofia occidentale. Poi un giorno di primavera del 1855 gli arriva la notizia: Regine lascia Copenaghen. Seguiva suo marito alle Isole Vergini, allora dominio danese. Søren la cerca invano nel centro della città per dirle addio. Ma non la trova. Poi lei sbuca improvvisamente da una via. "Volevo solo dirti che ti ho perdonato. E che non ho mai smesso di amarti. Dio ti benedica. Spero tutto il meglio per te".

Lui non riesce neanche a risponderle. Rimane impietrito, la saluta con un cenno del cappello. E la vede scomparire. Passano quattro mesi. Mentre passeggia per Copenaghen, Kierkegaard sviene. Muore per cause misteriose. Muore di dolore. Quando Regine torna dai Caraibi, nel 1860, scopre che lui le ha lasciato in eredità tutto: i suoi risparmi, i libri, la casa. Come fosse sua moglie. Come se avessero potuto viverla, la vita. Come se l'amore fosse stato più forte dell'angoscia. Alla notizia della morte del filosofo, la donna si sentì mancare il terreno. Non capiva più il mondo. Era spaesata in un modo terribile, quasi non sapesse più dove si trovasse. Una sensazione orribile, identica a quella di vent'anni prima. Quando lui, senza nessuna ragione, l'aveva lasciata.


[fonte: http://www.huffingtonpost.it/]

Commenti

Post popolari in questo blog

Resisti

Disinnescare