Dipendenza affettiva
Ore 03.08: Brenda e Juno se la raccontano con tutti i cani del vicinato da almeno un'ora e mi svegliano. Scendo, e con la dolcezza che può contraddistinguere una che deve uscire in pigiama al freddo alle 3 di notte per far tacere le proprie belve (...), le faccio smettere.
Torno a letto. Macheccazz... Mi scappa pure la pippi. Altro giro, stavolta in bagno.
Torno a letto.
Prendo il telefono, solita carriolata di sms che speravo di ricevere (ovvero manco uno), inizio a cazzeggiare su Fb e mi imbatto in questo articolo.
Mizzega ma che è! Eppure non l'ho scritto io... Ma sembra la perfetta analisi di tutte le mie relazioni... Aspetto tragico più, aspetto tragico meno...
Se volete leggerlo il link è questo, c'è pure il test da fare alla fine.
Comunque, colpita e affondata.
È vero: l'amore ci rende sempre dipendenti. È il bello di questa esperienza travolgente e straordinaria. Diventiamo un po' esagerati e morbosi, perché senza l'altro non possiamo stare, non sopravviviamo, ci manca qualcosa. Entriamo l'uno nell'altro, ci riempiamo, ci facciamo sommergere. A volte ci incastriamo. Del resto avere un legame significa "essere legato" a qualcuno. Quando siamo strappati da rapporti importanti, inevitabilmente soffriamo. In questo senso siamo sempre dipendenti nell'amore.
Sono proprio i legami a definire chi siamo. Solo attraverso le dipendenze più forti diamo un senso a noi stessi, ci strutturiamo. Dalle prime esperienze precoci con le figure significative che si prendono cura di noi, in genere la madre, sperimentiamo un modello di attaccamento che tendiamo a ripercorrere nelle relazioni intime adulte. È attraverso una soddisfacente e felice dipendenza precoce che possiamo diventare, crescendo, autonomi e saper ricreare una "dipendenza libera" con un partner, che non ci minacci nel profondo.
Ma spesso le cose si complicano. Non siamo mai così privi di difese, come nel momento in cui amiamo rifletteva Freud, perché nell'amore mettiamo le parti più fragili di noi. Che possono non essere abbastanza organizzate e quindi renderci estremamente vulnerabili, alla ricerca disperata di un riconoscimento affettivo, di un amore incondizionato, quello che non abbiamo mai avuto. Tentiamo di saldare crediti emotivi che appartengono ad esperienze che affondano nel passato. Qualcuno non ci ha amato abbastanza, ci ha detto che non valiamo, che dobbiamo fare di tutto per meritarci l'affetto. Abbandono, rifiuto, svalutazione, li abbiamo già conosciuti.
Ci aggrappiamo ad una storia alimentandoci del rifiuto, negando noi stesse, imprigionate nell'assurda convinzione di farsi amare da chi non vuole sapere di noi, non può o non è in grado. Da chi ha difficoltà, problemi, disagi eppure noi crediamo di salvare. Da chi è irraggiungibile ma noi vogliamo avvicinare.
Certo, il mito dell'amore romantico, tanto caro alla nostra cultura, non ci aiuta. Perché propone rapporti distruttivi e annullanti, come relazioni da sogno. Propina "leggi" falsificate sull'amore. Che la ricerca dell'amore è alla base della felicità, ad esempio, che il sentimento è per sempre e sopra tutto, che esiste una persona precisa per noi che può completarci, che se resistiamo e ci impegniamo allora l'altro cambierà, che per amore si sopporta. Mito a sfavore soprattutto delle donne, chiamate sempre in causa per sostenere, capire, reggere.
Il cammino per sottrarsi ad un destino sentimentale che ci sembra avverso è un percorso interiore nelle paure, assenze, mancanze. Per scoprire energie vitali di cui siamo sempre provviste, anche se non sembra.
Mettere da parte l'altra persona nella riflessione e prendere consapevolezza del nostro modo di porci e delle cose che ripetiamo nei nostri rapporti. Cerchiamo di vedere la nostra dipendenza come un aspetto che può essere cambiato. E prendiamo tempo per riconoscere le persone che ci trattano bene e ci fanno sentire amate. Bisogna fare un lavoro attivo su noi stesse per imparare a stare da sole e scoprire modi liberi di vivere le relazioni, non per completarci o salvarci ma espanderci, dare di più a noi stesse.
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