Il Vale lo capisco

[on the air: 46 - cesarello]

Lo capisco tantissimo.

Quando vivi una passione - che per me non era un lavoro ma coinvolgeva  e travolgeva praticamente tutta gli aspetti della mia vita - in maniera totale, profonda, vera non esiste frattura, non esistono vertebre schiacciate, non esiste lombosciatalgia, non esiste nulla che ti possa tenere lontano da essa. Nulla. Ed anzi, il tuo unico scopo diventa quello di trovare il sistema di stare bene il più presto possibile. Incoscienza? Magari. Magari si. Ma non resisti, non ci puoi fare nulla. Nessuno mi crede - nemmeno io... - quando racconto di essere scesa in campo nonostante una lombosciatalgia folle, la febbre a 39, la caviglia gonfia che quasi non ci stava nella scarpa, con km di tensoplast addosso pur di tirarmi assieme ed esserci. Eppure era così'. Ma non per fare il fenomeno o l'eroe a tutti i costi. Ma perchè io stavo bene solo quando sentivo l'odore del pallone tra le mani, il rumore del parquet scricchiolare sotto le scarpe, salire l'adrenalina man mano che il cronometro segnava l'inizio della partita, in mezzo alle mie compagne. Ero il loro capitano. Non esisteva che le lasciassi sole. Mai. E il Vale sono certa che viva le stesse sensazioni, le stesse emozioni. E se già era il mio idolo prima, questo suo gesto lo rende ancora più umano, più vero. Un Uomo, prima che uno sportivo, con la U cubitale. 

Poi, ovviamente, arrivano i poveretti mentecatti, i famosi leoni da tastiera, che iniziano a millantare sui social che sia tutta una finta, un'invenzione. Ero sicura che saltassero fuori questi sciacalli. Ed io ho dato anche in questo. In semifinale decisiva per i playoff di serie B a La Spezia, non ricordo bene che anno fosse - forse il 2007 - una partita cui tenevo tantissimo, la mia schiena mi tradisce. Resto nuovamente piegata in due in mezzo al campo. Il viaggio di ritorno era stato tra i più dolorosi della mia vita. Piangevo lacrime amarissime di delusione e di dolore, dolore atroce. Non riuscivo a stare seduta, a stare in piedi, a stare sdraiata. Un incubo. Ed ovviamente avevamo perso ed eravamo fuori dai playoff. Il dolore della sconfitta che solo chi ha provato può comprendere fino in fondo. A quei tempi i social non esistevano ma funzionavano a manetta - soprattutto nel mondo cestistico - i forum che erano più che altro un mondo di pettegoli e pettegolezzi infarciti di cattiverie senza senso e senza limiti. Ed ecco comparire il mentecatto di turno che, il giorno dopo, inizia a scrivere - riguardo la nostra partita, senza che nemmeno fosse li a vederci - che mi fossi inventata tutto, che il mio infortunio fosse un'invenzione per condannare alla sconfitta la mia squadra. "Rabbit" mi chiamò: coniglio. Io, che tra tutti i difetti che possa avere, non mi sono mai nascosta dietro nulla e nessuno, nemmeno quando mi sarebbe tornato utile. Che pena. Quel momento assieme alle finali play off a pochi giorni dalla morte di mio fratello - per come mi avevano trattata umanamente, soprattutto - sono stati i momenti più brutti e dolorosi della mia carriera.

Anche i questo, caro Vale, ti capisco. Ed immagino quanto ti abbia fatto rodere il culo dover pubblicare la foto della ferita, per smentire tutte quelle cazzate. Io non potevo farlo, ma ti assicuro che aver giocato da lì in poi con il busto per il resto della mia carriera, sia stata la dimostrazione più forte di quanto tenessi allo sport che è stato la mia vita per più di trent'anni. Più forte di tutte le parole inutili buttate in un forum solo per il gusto di denigrare me e la mia passione.

In bocca al lupo per domani Vale.

Grazie per le emozioni che anche questa volta ci hai regalato. 💗

Io le sento ancora addosso le parole
gli occhi di mia madre
le ossa rotte
ma poi la musica che ho dentro sale
e Dio sa solamente andare

Vado via per salvare un po' di me
l'asfalto sembra fatto di plastica
ed ogni corsa è l'ultima

Commenti

Post popolari in questo blog

Resisti

Disinnescare