Ciao Ermanno

Ho appreso poco fa della scomparsa di Ermanno Olmi, uno dei più grandi registi italiani di sempre.

Ho visto l'ultimo suo, 'Torneranno i prati' che avevo trovato delicato e struggente assieme. 
Mentre il mio preferito in assoluto - un pò scontato - è 'L'albero degli zoccoli' che la nostra professoressa di italiano delle medie [A. tua mamma per intenderci] ci aveva fatto vedere non ricordo se in seconda o terza.

E' una delle pellicole che più mi commuove in assoluto. (Non ai livelli de Le parole che non ti ho detto, ma quasi).

Mi provoca una tenerezza infinita, con quella purezza e semplicità di rapporti, di dialoghi, di vita che sembrano lontani secoli da noi quando invece mia Mamma, quando lo guardavamo assieme, mi raccontava che nelle corti e nelle famiglie povere si viveva proprio in quel modo. 

Di Olmi ho sempre adorato questo suo modo di calarsi nella realtà vera, priva di qualsiasi filtro e la straordinaria capacità di farci sentire seduti assieme ai familiari in una stalla vicino alla mucca per scaldarsi o da soli, nella trincea ricoperta di neve pronti a sferrare l'attacco decisivo alle truppe nemiche.

Come sempre accade e come diceva Totò, "In Italia bisogna morire per essere apprezzati" e così è apparsa l'ultima - delle ultime degli ultimi ma proprio la più ultima che ultima non si può - sua intervista rilasciata al Corriere, che trovo meravigliosa.

Qui il link se avete voglia di leggerla - cioè io l'ho letta, ho compiuto il gesto del leggere... se l'ho fatto io... - ma alcuni passaggi voglio farli miei perchè sono di un'umanità e di una visione della vita incredibili.

Grazie di tutto, Ermanno. 💗

Non hai idea di quale sia non l’adorazione ma l’amore del popolo per Tolstoj. Del popolo. In genere oggi, la nostra cultura artistica non contiene la percezione segreta della realtà. Tolstoj, invece, aveva questa grande capacità di cogliere tutti i significati nel loro autoscoprirsi. E questo è il poeta. Il popolo degli analfabeti, degli ultimi, dei derelitti, è quello che lo capisce. Perché hanno meno conformismi mentali. Un po’ come Cristo. Chi capisce prima Cristo se non i pescatori, gli ultimi? Essere degli intellettuali è un grande rischio. E bisogna sapersi, come dire?, rimpicciolire, umiliarsi, sentirsi ignoranti, per cogliere alcune cose. Invece quante volte vedi personaggi che parlano dall’alto della loro presunzione mentre invece la verità sta sempre con gli umili? Ecco perché Tolstoj era amato dal popolo»

Non c’è istante di vita che non abbia un significato. Figurati l’ultimo degli istanti! È la summa di tutta la tua vita. Un istante. Un battito di palpebre. E c’è dentro tutta la tua vita. L’uomo è immagine di Dio e anche Dio è immagine dell’uomo. Che ha una capacità smisurata di essere l’infinito. Tu prova a pensare, in questo momento, dov’è il confine del cosmo. Anche per la scienza è in continua espansione. Immagina che distanza enorme! Eppure fai: tac! E sei là. La velocità della luce? Ma è la velocità del pensiero il grande dono di Dio!». 

Prova a scandire la parola perdono in due: “per dono”. Il perdono non è un atto di contrizione. È Dio che proprio in questo si rivela: ogni volta che cadi in errore io sono lì, pronto “per donarti” la pace tra noi». 

Cosa fa Noè dopo avere stabilito la nuova alleanza con Dio? Pianta la vigna e prende la prima grande sbronza della storia dell’umanità. È così ubriaco che danza nudo. È amore e follia. Che ubriaca. Cosa vuol dire “prendere una cotta”? Non c’è niente di razionale, in una cotta. È un sentimento dirompente. Senza tregua. Ecco, io vivo questo momento così». 

«Hai presente il San Sebastiano di Antonello da Messina con tutte le frecce infilzate nel corpo? Ecco. Ogni momento una puntura. Una pastiglia. Eppure vale la pena. Avverti che tutto questo non è somministrarti una medicina ma mostrarti un atto d’amore. Tutto dipende da noi, dal mistero che contiene ogni cosa: “Spezza un ramo, solleva una pietra...”». 

«È un po’ che non ci sentiamo. Ho il pudore di dire che sto poco bene. Mi dice Ravasi che il rosario è stato fatto dalle donne. Ave Maria, ave Maria, ave Maria... Mi chiedevo: perché questo bisogno di dire dieci Ave Maria? Ne basterebbe una! No: perché ogni volta che lo ripeti devi trovarci un significato nuovo. Se no sei un pappagallo. Può essere, il rosario, una cosa per sonnolenti o un esercizio per vivere la stessa cosa con un senso nuovo. E come quando dici: ti amo. Se lo ripeti come un pappagallo ne perdi il senso. Se lo dici ogni volta riscoprendo una nuova emozione... È una possibilità divina che ci è data...».

Commenti

Anonimo ha detto…
Ciao Chiara. Grazie per la citazione. Anche io ho apprezzato Olmi regista, in particolare l'albero degli zoccoli. Mi ricordo che l'ora dopo la proiezione, il prof di musica L. dava i numeri a pensare che avessimo visto quel film..per lui evidentemente un po' pesante.."ma veramende avete visto o'film? Gomblimendi!".. Bei tempi quelli..quelli delle medie intendo..
Un caro saluto. AV

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