Quadri
[on the air: felicità - l. dalla]
vabbè hai i pensieri, stai male, è difficile, nella testa hai tremila cose di cui almeno duemilaottocentonovantasei orribili e le giornate, che prima erano popolate da milioni di persone, di parole, di situazioni, di rapporti, di casini, si sono trasformate in una specie di gara di sopravvivenza nel deserto umano più desolante in cui l'unica cosa che mi viene da fare è cercare di rimettere in ordine pensieri, desideri, idee, dolori, lacrime, dispiaceri, tentativi di trovare spiegazioni - che raramente arrivano - rapporti che non esistono più, decisioni da prendere che non so minimamente affrontare e cercare di respirare perchè anche questo mi costa una grandissima fatica. Sopravvivere nel senso di vivere sopra.
Fin qui, direi, tutto bene.
Ma la mia testa, che giuro non so quante volte abbia desiderato di poter svitare come una lampadina per non sentirla più nel suo perpetuo incasinarsi, mi tormenta di giorno ma soprattutto ed inevitabilmente di notte. Non è da molto che ho smesso di avere paura di addormentarmi: da prima di dicembre a qualche giorno fa le mie notti lunghe, lunghissime, interminabili sono state popolate da incubi di tutti i tipi, in cui sognavo ripetutamente il fallimento, il terremoto (e per chi ne capisce di sogni sa bene cosa significhi in tutto il suo drammatico risvolto sulla vita quotidiana) il tradimento, l'incapacità, il non essere mai all'altezza, la perdita, mia Mamma che per mesi mi ha avvisata che sarebbe arrivato un casino grosso (ma mica pensavo così grosso), l'errore, lo sputtanamento pubblico, gente che mi sparava o che sparava a casa mia e tutte queste cosine carine. Ci sono state mattine - per mattine intendo le 4 e al massimo, quando erano dormitone, anche le 5 - in cui mi svegliavo con un tale senso di ansia e di paura da non capacitarmi ancora adesso di come abbia fatto ad alzarmi dal letto, andare a lavorare, affrontare la campagna elettorale e i casini del comune oltre al resto. Boh. Veramente non lo so. Poi ho perso le elezioni e le notti sono state quasi tutte in bianco ed in lacrime: tutto il dolore che avevo messo da parte in sei mesi che definire deliranti è riduttivo, mi è crollato addosso in un attimo togliendomi tutto, sorriso compreso. I giorni passavano e i sogni, almeno quelli, diventavano un pochino più leggeri. Un pochino.
Ma - non ho bene memoria di quando sia successo, credo una decina di giorni fa - una notte ho sognato ciò che per me era la felicità. Quella vera, pura, profonda, quella che mi ha regalato - dopo non so nemmeno quanto - un senso di pace talmente inusuale e inaspettato da sembrare quasi di non meritarlo.
E' un'immagine: domenica mattina d'estate, con un sole caldo ma che non scotta; casa mia illuminata da una luce bella, luminosa, che non soffoca; Mia Mamma che prepara il caffè ed il suo aroma che si diffonde sino ad arrivare in camera mia; Sottofondo la musica dei CD che le preparavo io con gli Mp3 che preferiva e lei che canticchia le canzoni, con la sua splendida ed inconfondibile voce. Un momento che ho vissuto spessissimo ed ogni volta restavo nel letto a cullarmi dei minimi particolari per imprimerli a fuoco nella mente.
Niente di che. Un fermo immagine preciso fatto di luce, di luoghi, di odori, di profumi, di suoni che conosco a memoria. Perfetto nella sua semplicità.
Ricordo di aver cercato di riaddormentarmi di nuovo solo per rivivere quella meravigliosa sensazione di pace.
Non era niente di speciale ma era la mia vita, quella che amavo, che mi rendeva felice e che adesso mi manca da morire.
Ci ripenso spesso a quel sogno.
Ero felice e lo sapevo.
Come un sogno finito
Magari un sogno importante
Un amico tradito
Anch'io sono stato tradito
Ma non m'importa più
Ah felicità
Su quale treno della notte viaggerai
Lo so
Che passerai
Ma come sempre in fretta
Non ti fermi mai
#evanescenza
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