ELIO LOVE U

[on the air: Nubi di ieri sul nostro domani odierno (Abitudinario)
- elio e le storie tese]

IL CANTAUTORE DELLE «STORIE TESE»
«La bidella che mi ha cambiato la vita»
Elio: «Condannato al flauto dalle mamme (degli altri).
A scuola volevo il piano, ma il corso era pieno»
Festa grande, quest’anno per Elio e le Storie Tese. A ottobre festeggia­no i vent’anni dal primo album: «Avevamo cominciato a fare concerti nell’81-’82, per il disco abbiamo aspetta­to un po’» racconta Elio. Ma intanto era­no già famosi, canzoni come «Cara ti amo», «Silos», «John Holmes» le cono­scevano tutti. Ci sarà un concerto solen­ne agli Arcimboldi (22 ottobre) con un’orchestra di 55 elementi, pochi gior­ni dopo esce un cofanetto edizione spe­ciale, tutti i cavalli di battaglia riarrangia­ti con l’apporto di un’orchestra classica. Si fanno le cose in grande, insomma. «Sì, il modello è Céline Dion, è quello il nostro obiettivo».Elio e basta — il vero nome non tiene a dirlo — nasce a Milano 47 anni fa e pre­stissimo trova la persona che gli cambia la vita. «Andavo alle elementari alla scuola di via Wolf Ferrari, ero in quinta quando un giorno entra la bidella e chie­de chi voleva seguire i corsi di musica della Scuola civica di Milano. Io dissi su­bito di sì. Solo che quando ci fu la riunio­ne per scegliere lo strumento — piano­forte, violino, flauto — io ero da solo mentre gli altri ragazzi erano venuti con le mamme. Volevo il pianoforte, però le mamme degli altri si erano già fatte avanti, non c’erano più posti disponibi­li. Mi fu assegnato il flauto». Sette anni di studi («un po’ di più, in realtà»), poi il diploma del conservatorio, ed Elio di­venta maestro di flauto. Si iscrive all’uni­versità, ingegneria al Politecnico, e «con calma» (nel 2002) prende la laurea. Ma intanto è la musica che lo appassiona. «Sono sempre stato convinto che se vo­levo fare qualcosa di nuovo, di mio, di originale, sarebbe stato grazie alla musi­ca ». Musica nella sua totalità, visti gli studi classici («la Scuola civica era ed è una grande scuola») ma anche la musi­ca che girava intorno in quegli anni. «I Deep Purple, naturalmente, Frank Zap­pa. Sono stati, i Settanta, anni di grande creatività anche in Italia: la PFM, gli Area con Demetrio Stratos, cose impor­tantissime che hanno avuto la sfortuna di nascere in Italia».
E la musica classi­ca? «Sono d’accordo con Berio: ci sono solo due tipi di musica, quella bella e quella brutta». Alla fine degli Anni 70, così, nasce il gruppo: amici, compagni di studi, amici degli amici. «L’idea era di fare cose che in Italia non si facevano. Unire grande preparazione tecnica con testi dissacranti, comici, irriverenti. Un po’ come Zappa, appunto. In Italia in quegli anni c’era Sanremo in playback, una cosa da tv ucraina dell’era Breznev. Noi volevamo tornare alla giovinezza del rock, musica onesta e generosa, libe­ratoria anche nell’uso del turpiloquio. Sapevamo bene che il rock era morto da tempo, si era trasformato in una litur­gia ». Per questo gli Elii preferiscono il contatto diretto con il pubblico, all’ini­zio nei locali di Milano. «Mi ricordo che nell’88 Leo Waechter, l’uomo che aveva portato i Beatles a Milano, ci propose una settimana al Ciak di via San Gallo. Impaurito, dissi: facciamo solo tre sera­te. Furono tre esauriti, e dovemmo con­cedere altri due date». Come funziona il gruppo? Chi scrive i testi, chi la musica? «Per essere nati in un Paese di individualisti, noi lavoriamo come un vero gruppo. Alla fine, visto che io canto, dedico un po’ più di atten­zione alla parte vocale, ma le canzoni na­scono in collettivo, un po’ come la crea­tura di Frankenstein, un pezzo di qua uno di là. Ci sono solo tre versi di cui è certa la mia paternità: 'Ditemi perché/se la mucca fa mu/il merlo non fa me'. Mi erano venuti mentre facevo il servizio ci­vile ». E «John Holmes», chi l’ha scritta? «Rocco Tanica era un appassionato dei film porno. Da qui l’idea di fare una can­zone su un protagonista del cinema hard, poi insieme abbiamo lavorato sul­le strofe». Con i gio­chi di parole come «il pene mi dà pane». E il ritornello: «John Hol­mes una vita per il ci­nema, una vita per la moto». Non ci furono problemi con la censura? «No, di censure ne ho avute po­chissime » (l’episodio più grave fu nel ’91, al Concerto del 1˚ maggio, quando cantarono «Cassonetto differenziato per il frutto del peccato» con nomi e cogno­mi dei politici corrotti, tanto che i fun­zionari Rai coprirono il tutto). «Sono for­tunato, fossi nato in Iran mi avrebbero già impiccato da tempo». Ma anche con le parodie avete avuto qualche proble­ma: ci doveva essere un album, inizio Anni 90, mai uscito. «C’erano parodie delle canzoni di Sanremo. 'Verso l’igno­to' di Gianni Bella e Mogol con noi era diventato un poetico viaggio intestinale. Si offesero, quindi niente disco. Ma an­che 'La terra dei cachi', con cui siamo andati al Festival nel ’96, nasce come pa­rodia del genere 'canzone sanremese im­pegnata' che appunto non dev’essere molto impegnata, una cosa insomma ti­po 'Chi non lavora non fa l’amore'. L’en­tourage di Baudo ci aveva chiesto una canzone per il Festival, all’inizio dicia­mo no, poi loro insistono ed eccoci al Te­atro Ariston. Contenti di fare ogni serata a tema: una volta con il terzo braccio, la finale tutti d’argento, extraterrestri co­me i Rockets».
Un successone. Ma poi ar­riva il verdetto: gli Elii secondi dopo To­sca- Ron. Un risultato truccato? «Chi lo sa, mesi dopo siamo stati interrogati da un carabiniere. Che a un certo punto ci dice: la vostra canzone era arrivata pri­ma, però non potete dir­lo. Qualche anno più tardi, Giorgia mi ha rac­contato che le era capi­tata la stessa cosa: l’in­terrogatorio e il carabi­niere che dice che era lei la vincitrice». Nel 2008 Baudo li richiama a Sanremo, gli Elii conducono il Dopofestival: «Ave­vo delle parrucche meravigliose».Da tempo, Elio sperimenta felice vari tipi di contaminazione: l’opera contem­poranea e i due spettacoli in tournée dal­la metà di agosto, «Figaro il barbiere» («ammiro Rossini, uno che ha fatto gran­dissima musica su libretti di grande co­micità ») e «Fu…turisti», rivisitazione musicale del Futurismo. «Sono anche tre modi per potermi travestire, per in­dossare bellissime parrucche. Essere di­ventato un musicista dà diritto anche a questo. Grazie dunque alla bidella della mia scuola. E ora devo preparami per il progetto Céline Dion».
Ranieri Polese 01 agosto 2009

c'e' un dirigibile marrone senza elica e timone dentro me.
Giunto al termine del giorno, cerco fra le coltri un poco di speranza.
Peto in abbondanza,
non ho piu' sgomento,
lieto mi addormento
ebbro dei miei gas.

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